Cavafy fu determinante nella rinascita e nel riconoscimento della poesia greca sia in patria che all’estero. Le sue poesie sono, tipicamente, evocazioni concise ma intime di figure e ambienti reali o letterari che hanno giocato un ruolo nella cultura greca. L’incertezza sul futuro, i piaceri sensuali, il carattere morale e la psicologia degli individui, l’omosessualità e una fatalistica nostalgia esistenziale sono alcuni dei temi caratterizzanti.
Oltre ai suoi soggetti, non convenzionali per l’epoca, le sue poesie mostrano anche una maestria abile e versatile, che è estremamente difficile da tradurre. Cavafy era un perfezionista, raffinando ossessivamente ogni singolo verso della sua poesia. Il suo stile maturo era una forma giambica libera, libera nel senso che i versi raramente fanno rima e sono di solito da 10 a 17 sillabe. Nelle sue poesie, la presenza della rima di solito implica ironia.
Cavafy attinse i suoi temi dall’esperienza personale, insieme ad una profonda e vasta conoscenza della storia, specialmente dell’epoca ellenistica. Molte delle sue poesie sono pseudo-storiche, o apparentemente storiche, o accuratamente ma eccentricamente storiche.
Una delle opere più importanti di Cavafy è il suo poema del 1904 “Aspettando i barbari”. Il poema inizia descrivendo una città-stato in declino, la cui popolazione e i legislatori stanno aspettando l’arrivo dei barbari. Quando cala la notte, i barbari non sono arrivati. Il poema finisce: “Che ne sarà di noi senza i barbari? Quella gente era una specie di soluzione.”
Nel 1911, Cavafy scrisse “Itaca”, ispirandosi al viaggio omerico di ritorno di Ulisse alla sua isola natale, come raffigurato nell’Odissea. Il tema del poema è la destinazione che produce il viaggio della vita: “Tieni Itaca sempre in mente. / Arrivare lì è ciò a cui sei destinato”. Il viaggiatore deve partire con speranza, e alla fine si può scoprire che Itaca non ha più ricchezze da darti, ma “Itaca ti ha dato il viaggio meraviglioso”.
Quasi tutta l’opera di Cavafy era in greco; tuttavia, la sua poesia è rimasta misconosciuta e sottovalutata in Grecia, fino alla pubblicazione della prima antologia nel 1935 da Heracles Apostolidis (padre di Renos Apostolidis). Il suo stile unico e la sua lingua (che era un misto di Katharevousa e greco demotico) avevano attirato le critiche di Kostis Palamas, il più grande poeta della sua epoca nella Grecia continentale, e dei suoi seguaci, che erano a favore della forma più semplice di greco demotico.
E’ noto per il suo uso prosaico di metafore, il suo uso brillante di immagini storiche e il suo perfezionismo estetico. Questi attributi, tra gli altri, gli hanno assicurato un posto duraturo nel pantheon letterario del mondo occidentale.
Estratto da ItacaEdit
Greco originale (politonico) | Traduzione | Traduzione inglese |
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Σὰ βγεῖς στὸν πηγαιμὸ γιὰ τὴν Ἰθάκη, νὰ εὔχεσαι νἆναι μακρὺς ὁ δρόμος, γεμάτος περιπέτειες, γεμάτος γνώσεις. Τοὺς Λαιστρυγόνας καὶ τοὺς Κύκλωπας, τὸν θυμωμένο Ποσειδῶνα μὴ φοβᾶσαι | Sa vgeis ston pigaimó gia tin Itháki, na éfchesai nánai makrýs o drómos, gemátos peripéteies, gemátos gnóseis. Tous Laistrygónas kai tous Kýklopas, to thymoméno Poseidóna mi fovásai | Quando partite per Itaca, auguratevi che la strada sia lunga, piena di avventure, piena di conoscenza. Non temere i Laestrigoni e i Ciclopi, né l’iracondo Poseidone. |
Poemi storiciModifica
Cavafy ha scritto più di una dozzina di poemi storici su personaggi storici famosi e persone normali. Si è ispirato principalmente all’epoca ellenistica con Alessandria al centro dell’attenzione. Altre poesie provengono dall’antichità ellenistica e dall’epoca bizantina. Sono presenti anche riferimenti mitologici. I periodi scelti sono per lo più di declino e decadenza (per esempio Troiani); i suoi eroi affrontano la fine finale. I suoi poemi storici includono: “La gloria dei Tolomei”, “A Sparta”, “Vieni, o re dei Lacedemoni”, “Il primo passo”, “Nell’anno 200 a.C.”, “Se solo l’avessero visto”, “Il dispiacere dei Seleucidi”, “Teodoto”, “I re alessandrini”, “Ad Alessandria, 31 a.C.”, “Il Dio abbandona Antonio”, “In una città dell’Asia Minore”, “Cesarione”, “Il Potentato della Libia occidentale”, “Degli Ebrei (A.D. 50)”, “Tomba di Eurione”, “Tomba di Lanes”, “Myres: Alessandrino A.D. 340”, “Cose pericolose”, “Dalla scuola del rinomato filosofo”, “Un sacerdote del Serapeo”, “La malattia di Kleitos”, “Se morto davvero”, “Nel mese di Athyr”, “Tomba di Ignatius”, “Da Ammones che morì a 29 anni nel 610”, “Aemilianus Monae”, “Alessandrino, A.D. 628-655”, “In Chiesa”, “Mare mattutino” (alcune poesie su Alessandria furono lasciate incompiute a causa della sua morte).
Poesie sensualiModifica
Le poesie sensuali sono piene del lirismo e dell’emozione dell’amore omosessuale; ispirate dal ricordo e dalla memoria. Il passato e le azioni precedenti, a volte insieme alla visione del futuro sono alla base della musa di Cavafy nello scrivere queste poesie.
Poesie filosoficheModifica
Anche chiamate poesie istruttive, si dividono in poesie con consultazioni ai poeti, e poesie che trattano altre situazioni come l’isolamento (per esempio, “Le mura”), il dovere (per esempio, “Termopili”), e la dignità umana (per esempio, “Il Dio abbandona Antonio”).
Il poema “Termopili” ci ricorda la famosa battaglia delle Termopili dove i 300 spartani e i loro alleati combatterono contro il maggior numero di persiani, pur sapendo che sarebbero stati sconfitti. Ci sono alcuni principi nella nostra vita che dovremmo vivere, e le Termopili sono il terreno del dovere. Restiamo lì a combattere anche se sappiamo che c’è la possibilità di fallire. (Alla fine apparirà il traditore Efialte, che condurrà i persiani attraverso il sentiero segreto).
In un’altra poesia, “Nell’anno 200 a.C.”, commenta l’epigramma storico “Alessandro, figlio di Filippo, e i greci, tranne i lacedemoni,…”, dalla donazione di Alessandro ad Atene dopo la battaglia del Granico. Cavafy elogia l’epoca e l’idea ellenistica, condannando così le idee chiuse e localistiche sull’ellenismo. Tuttavia, in altre poesie, la sua posizione mostra ambiguità tra l’ideale classico e l’era ellenistica (che è talvolta descritta con un tono di decadenza).
Un altro poema è l’Epitaffio di un commerciante greco di Samo che è stato venduto come schiavo in India e muore sulle rive del Gange: rimpiangendo l’avidità di ricchezze che lo ha portato a navigare così lontano e a finire “tra barbari totali”, esprime la sua profonda nostalgia della sua patria e il suo desiderio di morire come “Nell’Ade sarei circondato da greci”.