Letteratura apocalittica, genere letterario che predice eventi cataclismici di ispirazione soprannaturale che si verificheranno alla fine del mondo. Un prodotto della tradizione giudeo-cristiana, la letteratura apocalittica è caratteristicamente pseudonima; prende forma narrativa, usa un linguaggio esoterico, esprime una visione pessimistica del presente e tratta gli eventi finali come imminenti.
Le prime apocalissi sono opere ebraiche che risalgono a circa il 200 a.C. fino al 165 a.C. circa. Mentre gli scrittori ebrei precedenti, i Profeti, avevano predetto l’arrivo di disastri, spesso in un linguaggio esoterico, essi non collocavano questi disastri in un quadro narrativo né li concepivano in termini escatologici. Durante il periodo della dominazione ellenistica della Palestina e la rivolta dei Maccabei, tuttavia, una visione pessimistica del presente si accoppiò con l’aspettativa di uno scenario apocalittico, caratterizzato da una crisi imminente, un giudizio universale e una risoluzione soprannaturale.
La più famosa e influente delle prime apocalissi ebraiche è l’ultima parte del libro biblico di Daniele (capitoli 7-12), scritto intorno al 167 a.C. e attribuito a un saggio venerato che si suppone sia vissuto circa quattro secoli prima al tempo della cattività babilonese. “Daniele” racconta una serie di visioni, la prima delle quali (capitolo 7) è la più succinta. Egli vede una successione di quattro terribili bestie, che rappresentano evidentemente una successione di persecutori terreni che culmina nel contemporaneo tiranno ellenistico Antioco IV Epifane (l'”undicesimo corno” della quarta bestia). Daniele vede poi la distruzione dell’ultima bestia da parte dell'”Antico dei giorni” e la venuta di “uno simile al Figlio dell’uomo”, al quale è dato “un dominio eterno che non passerà” e il cui regno sarà abitato dal “popolo dei santi”, che lo servirà e obbedirà per sempre.
Le altre apocalissi ebraiche – il primo libro di Enoch (200 a.C. circa), il quarto libro di Esdra (100 a.C. circa), e il secondo e terzo libro di Baruch (100 a.C. circa) – sono “apocrifi” in quanto non fanno parte della Bibbia ebraica canonica. Sono presenti nelle traduzioni etiopiche, siriache, greche e latine fatte dai cristiani piuttosto che nelle loro forme originali ebraiche o aramaiche. La ragione per cui le apocalissi sono sopravvissute in questo modo sembra essere che, dopo il fallimento di una serie di rivolte ebraiche contro l’Impero Romano (cioè dopo circa il 135 ce), i rabbini che iniziarono il processo di codificazione della tradizione ebraica si allontanarono dall’apocalitticismo per porre l’accento sulla difesa e l’interpretazione della legge del Pentateuco. Purtroppo, però, mentre l’apocalitticismo ebraico era ancora fiorente, fu ripreso dai cristiani.
La maggior parte delle autorità considera il cristianesimo primitivo come una religione ferventemente apocalittica, intenta nell’imminente “Seconda Venuta” di Cristo per presiedere al Giudizio Universale e alla fine del mondo. Il primo apocalitticismo cristiano è evidente nei Vangeli, che sono permeati di un linguaggio tratto da Daniele. La cosiddetta Piccola Apocalisse, un sermone di Gesù che si trova in Matteo (24-25) con paralleli in Marco (13) e Luca (21), predice l’imminenza della tribolazione collettiva e del castigo prima della venuta del “Figlio dell’Uomo” che “siederà sul trono della sua gloria” e separerà “le pecore dai capri”. Anche alcune epistole paoline contengono un contenuto apocalittico. L’ultimo libro del Nuovo Testamento, l’Apocalisse a Giovanni, noto anche come l’Apocalisse di San Giovanni (il termine greco apokalypsis significa letteralmente rivelazione), conclude la scrittura cristiana canonica in una chiave squillantemente apocalittica. Scritta in Asia Minore intorno al 95 ce da un cristiano di nome Giovanni (il fatto che l’autore dia il suo vero nome è l’unica grande eccezione alla regola dello pseudonimo), l’Apocalisse offre un vibrante, a volte lurido, resoconto di crisi imminente, giudizio e salvezza. Evidentemente ossessionato dalla persecuzione dei cristiani da parte dell’Impero Romano, che egli chiama “Babilonia”, Giovanni racconta una serie di visioni che preannunciano un crescendo di persecuzioni e martiri seguiti dal giudizio universale, dal castigo per le forze del male e dalle ricompense per i fedeli. I dettagli sono spesso impenetrabili a causa del linguaggio allusivo esoterico (ad esempio, “una donna vestita di sole e la luna sotto i suoi piedi… che è incinta e sta per partorire”). Inoltre, la narrazione è sconcertante perché si ripete frequentemente. Tuttavia, l’immaginario psichedelico è facilmente impresso nella mente, e i misteri che si trovano nel testo si sono dimostrati infinitamente affascinanti. Né si può dubitare del loro messaggio finale: il mondo, che sta già soffrendo, sarà presto lavato nel sangue, ma il “Re dei Re” verrà a “calpestare il torchio dell’ira di Dio” e la ricompensa eterna sarà data a coloro che avranno “lavato le loro vesti nel sangue dell’agnello”. (Apocalisse 14:19)
Un certo numero di altre apocalissi cristiane furono scritte durante il periodo tra il 100 ce e il 400 ce, incluse l’Apocalisse di Pietro, l’Apocalisse di Paolo, l’Ascensione di Isaia e il Testamento di Abramo. Sebbene queste opere aderiscano alla forma apocalittica nel raccontare visioni soprannaturali pseudonime in linguaggio esoterico, esse si riferiscono alla salvezza individuale e mancano del caratteristico contenuto apocalittico di trattare la storia collettiva e la salvezza collettiva. La tendenza a concentrarsi sulla salvezza individuale fu rafforzata nella teologia dei principali Padri della Chiesa, in particolare di Sant’Agostino. I Padri erano escatologici nella misura in cui credevano nel Giudizio Universale, ma non apocalittici in quanto insistevano che il tempo dell’ultimo atto della storia era assolutamente incerto. Tuttavia le credenze ereditate da Daniele e dal Nuovo Testamento permisero la sopravvivenza del pensiero apocalittico nel Medioevo e portarono alla creazione di nuove opere apocalittiche, come le Rivelazioni dello Pseudo-Metodio (metà del VII secolo) e la Visione di Fra Giovanni (fine XIII secolo). Molti autori medievali scrissero anche profezie pseudonime che non prendevano la forma di visioni narrative ma prevedevano crisi imminenti, giudizio e salvezza.
Anche se il genere apocalittico scomparve dopo il Medioevo, un’atmosfera apocalittica, rafforzata da riferimenti espliciti all’Apocalisse a Giovanni, appare in numerose opere letterarie moderne (per esempio, Pale Horse, Pale Rider di Katherine Anne Porter e Day of the Locust di Nathanael West) e film (ad esempio, Il settimo sigillo di Ingmar Bergman e La dolce vita di Federico Fellini). Inoltre, diverse denominazioni protestanti negli Stati Uniti propongono credenze apocalittiche, che sono state espresse in numerosi sermoni e opuscoli da predicatori come Billy Graham e Jerry Falwell, così come in un libro che è stato un best seller americano, The Late Great Planet Earth di Hal Lindsey (1970). La serie di romanzi Left Behind (il primo fu pubblicato nel 1995) di Tim LaHaye e Jerry B. Jenkins, che descrivono eventi apocalittici in termini particolarmente violenti, ha raggiunto una popolarità fenomenale. Si stima che 40 milioni di copie dei libri della serie Left Behind fossero in stampa all’inizio del XXI secolo, ed è stato prodotto anche un gioco per computer basato sulla serie.