Nel castello del conte von Waldstein a Dux in Boemia (oggi Duchcov nella Repubblica Ceca) Giacomo Casanova, “grande amante”, avventuriero, truffatore e mascalzone, esala l’ultimo respiro il 4 giugno 1798, all’età di settantatre anni. Aveva trascorso l’ultima dozzina d’anni in uno scontento pensionamento come gentiluomo-bibliotecario dell’amabile conte, in una fine monotona e delusa di una delle vite più scervellate e colorate che un essere umano abbia mai vissuto. La sua autobiografia ha garantito a Casanova una reputazione duratura di donnaiolo su scala eroica e non era immune nemmeno all’attrazione del suo stesso sesso, ma c’era molto di più. In una vita trascorsa spesso in fuga, oggetto di interesse di ogni poliziotto segreto d’Europa, fu a suo tempo chierico, violinista di teatro, ufficiale dell’esercito, giocatore d’azzardo, diplomatico e spia, intermediario e ‘fixer’, finanziatore e promotore di lotterie, massone e occultista, autore prolifico e traduttore dell’Iliade.
Casanova nacque a Venezia nel 1725. Sua madre era un’attrice e suo padre apparentemente un ballerino, ma il suo vero padre era il ricco proprietario del Teatro San Samuele, dove entrambi apparivano e dove Giacomo stesso si sarebbe poi guadagnato da vivere suonando il violino. Studiò all’università di Padova, prese gli ordini minori come chierico e fu subito dopo incaricato dal cardinale Acquaviva, l’uomo più potente di Roma dopo il papa. Casanova conobbe tutte le persone migliori di Roma, ma si mise nei guai per una donna, fu mandato via e fece un viaggio a Corfù e Costantinopoli, l’inizio di un’odissea che durò tutta la vita.
Si guadagna da vivere con il suo ingegno, Casanova divenne un viaggiatore esperto. La testa grande e imponente, il naso a prua, gli occhi scuri e la spavalderia vivace e coinvolgente del Chevalier de Seingalt, come cominciò a chiamarsi, erano conosciuti a Parigi, Dresda, Praga, Vienna e Berlino, Ginevra, Londra, Firenze, Roma e Torino, Madrid e Lisbona, Amsterdam, Bruxelles, Varsavia e San Pietroburgo. Si muoveva con la stessa facilità a corte e nella società cortese come nel mondo sotterraneo delle prostitute, dei ruffiani, degli abortisti e dei baristi. Amava il teatro, mangiare e bere, e soprattutto la zuppa di gamberi. Imprigionato a Venezia a vent’anni come massone e sospetto praticante delle arti nere, fece una spettacolare fuga dal tetto. A Parigi, dove introdusse la lotteria e si fece una reputazione come finanziere e aveva una schiera di amici aristocratici, sostenne di aver fatto da pappone alla giovane e splendida O’ Morphy (del quadro Boucher) per Luigi XV e di aver preso l’anziana e credulona Madame d’Urfe per forse un milione di franchi mentre inscenava operazioni magiche per farla reincarnare in un bambino.
Dilettante ben informato di scienza e matematica, Casanova si intratteneva con la metà delle celebrità dell’epoca. Discuteva di etimologia con il dottor Johnson e di problemi di pilotaggio dei palloni con Benjamin Franklin. Teneva brillanti conversazioni (o diceva di farlo) con Voltaire. Incontrò il ‘Macellaio’ Cumberland, Madame de Pompadour, il Giovane Pretendente, due papi e forse Mozart. Cercò di convincere l’imperatore Giuseppe II a organizzare feste cinesi a Vienna. Sollecitò la riforma del calendario a Caterina la Grande durante una conversazione con lei a San Pietroburgo e Federico il Grande gli offrì un posto come precettore di giovani nobili brillanti appositamente selezionati a Berlino.
Casanova aveva trentotto anni quando arrivò a Londra nel 1763, probabilmente sperando di introdurre gli inglesi alle gioie di una lotteria statale. L’ambasciatore francese lo presentò a Giorgio III e alla regina Carlotta, ma non fece progressi, contrasse un feroce caso di malattia venerea e si ritirò. In seguito considerò il suo periodo in Inghilterra come l’inizio del lungo declino delle sue fortune che alla fine lo ridusse a spiare e informare per il governo di Venezia negli anni 1770. Dal 1785 visse a Dux al servizio del giovane conte von Waldstein, che aveva incontrato a Vienna. Erano entrambi massoni ed entrambi interessati all’occulto.
A Dux Casanova si annoiava sempre più, era infelice e di cattivo umore. Il conte era spesso assente, il caffè e i maccheroni non erano come avrebbero dovuto essere, la zuppa era troppo fredda o troppo calda e la gente sghignazzava quando faceva gentilmente il grande inchino che era stato di moda in gioventù o mostrava loro esattamente come ballare il minuetto. Alla disperata ricerca di qualcosa da fare, scrisse le scandalose memorie che furono pubblicate anni dopo per dargli una fama duratura. Quando arrivò la fine, dichiarò: “Ho vissuto da filosofo e muoio da cristiano”, e fu sepolto nel cimitero della chiesa di Santa Barbara, appena fuori Dux, in riva al lago.