Joseph Kosuth One and Three Chairs 1965

Una sedia sta accanto alla fotografia di una sedia e alla definizione della parola sedia nel dizionario. Forse tutte e tre sono sedie, o codici di una: un codice visivo, un codice verbale e un codice nel linguaggio degli oggetti, cioè una sedia di legno. Ma quest’ultima sedia non è semplicemente… una sedia? O, come chiese Marcel Duchamp nella sua Ruota di bicicletta del 1913, l’inclusione di un oggetto in un’opera d’arte lo cambia in qualche modo? Se sia la fotografia che le parole descrivono una sedia, in che modo il loro funzionamento è diverso da quello della sedia reale, e cosa sta facendo l’opera d’arte di Kosuth sommando queste funzioni? Spinto a porsi queste domande, lo spettatore si imbarca nei processi fondamentali richiesti dall’arte concettuale.

“L’arte che chiamo concettuale è tale perché si basa su un’indagine sulla natura dell’arte”, ha scritto Kosuth. “Quindi, è . . . un’elaborazione, un pensare fuori, di tutte le implicazioni di tutti gli aspetti del concetto ‘arte,’ . . . Fondamentale per questa idea di arte è la comprensione della natura linguistica di tutte le proposizioni artistiche, siano esse passate o presenti, e indipendentemente dagli elementi usati nella loro costruzione”. Inseguendo una sedia attraverso tre diversi registri, Kosuth ci chiede di provare a decifrare le frasi subliminali in cui formuliamo la nostra esperienza dell’arte.

Estratto della pubblicazione da The Museum of Modern Art, MoMA Highlights, New York: The Museum of Modern Art, revised 2004, originariamente pubblicato nel 1999, p. 257.

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