Sentiamo spesso parlare del Concilio Vaticano II e delle sue disordinate conseguenze, ma sarebbe difficile immaginare questo concilio senza il suo predecessore, il Concilio Vaticano I (1870-71). Per riassumere brevemente, il primo di questi due concili tenuti nella Basilica di San Pietro ha cercato di affrontare il mondo moderno sottolineando l’importanza della fede e l’autorità della Chiesa, specialmente quella del Papa. Il Concilio Vaticano II (1962-65) fece un deliberato voltafaccia, cercando di coinvolgere il mondo moderno per evangelizzarlo, piuttosto che anatemizzarlo.
Guardare indietro al Concilio Vaticano I può aiutarci a comprendere più chiaramente le dinamiche della relazione tra la Chiesa e il mondo moderno. Lo storico John O’Malley ha scritto una panoramica concisa e accessibile del Concilio e della storia che ha portato ad esso nel suo Vatican I: The Council and the Making of the Ultramontane Church (Harvard, 2018). O’Malley narra la storia in modo spassionato, ma il lettore ha la forte impressione che egli rimpianga la maggiore attenzione al papato emersa dal XIX secolo e al pontificato di Papa Pio IX (regnato 1846-78), che indisse il Concilio. Ha ragione nell’indicare questo momento come un cambiamento cruciale nel modo in cui i cattolici vedono la Chiesa e il ruolo del papato al suo interno.
O’Malley fa un lavoro eccellente nel raccontare le dinamiche in gioco mentre la Chiesa raccoglieva i pezzi dalla devastazione della Rivoluzione francese e dalle guerre napoleoniche. La Chiesa era in lotta per la sopravvivenza e stava stabilendo la sua influenza in un mondo cambiato. I vescovi erano divisi in due gruppi, il più piccolo dei quali voleva abbracciare i nuovi movimenti della democrazia e della scienza. Furono soprannominati “liberali” nel senso classico: aperti ai progressi del mondo moderno e al nuovo assetto politico dell’Europa (non nel senso più recente di dissenso dottrinale). Il gruppo più grande, gli Ultramontani, guardavano al Papa come fonte di stabilità in mezzo al cambiamento e sostenevano un’autorità ancora maggiore per il Papa sulla nomina dei vescovi, la liturgia e la definizione del dogma.
Diversi eventi significativi portarono all’apertura del Concilio Vaticano I nel XIX secolo. Ci fu una notevole rinascita della pietà, compresa una serie di apparizioni mariane (Medaglia Miracolosa, La Salette, e Lourdes), la rifondazione di ordini religiosi e monasteri, e gli inizi del movimento liturgico attraverso il lavoro di Dom Prosper Guéranger. Inizialmente considerato come una mente aperta al mondo moderno, Papa Pio IX si rivolse fortemente contro il repubblicanesimo dopo la sua fuga da Roma nel 1848, l’anno delle rivoluzioni. Emise il Sillabo degli errori nel 1864, condannando una serie di proposizioni, tra cui “il Romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a patti con il progresso, il liberalismo e la civiltà moderna”. Anche se Pio fu restaurato nello Stato Pontificio, con l’unificazione dell’Italia in corso era solo una questione di tempo prima che lo Stato Pontificio cadesse definitivamente. In contrasto con la diminuzione del potere politico del Papa, l’autorità papale era in piena mostra con la proclamazione dell’Immacolata Concezione nel 1854, offrendo un banco di prova per l’autorità del Papa di proclamare solennemente un dogma della fede.
L’idea di convocare un Concilio era parte di uno sforzo più ampio per affrontare l’ideologia moderna che reinterpretava la fede come parte dell’evoluzione della storia. L’obiettivo del Concilio era quello di sostenere la fede e l’autorità in mezzo al crescente secolarismo. Fu unico in molti modi: il primo Concilio senza rappresentanza laica, il primo a concentrarsi esclusivamente sull’esposizione della dottrina (piuttosto che affrontare l’eresia e altre misure di riforma), fu maggiormente orchestrato dal Papa e dalla Curia romana e rappresentò la prima vera riunione mondiale dei vescovi. Convocato nel 1870, fece due importanti dichiarazioni prima di essere interrotto dalla guerra franco-prussiana. La sua prima costituzione dogmatica, Dei Filius, difese coraggiosamente la ragionevolezza della fede e la compatibilità di fede e ragione. L’obiettivo principale del Concilio, tuttavia, venne con la costituzione dogmatica sulla Chiesa di Cristo, Pastor Aeternus, che affermava il primato e l’infallibilità del Papa. L’infallibilità del Papa, tuttavia, fu chiaramente definita per essere applicata solo in circostanze limitate:
“Noi insegniamo e definiamo come un dogma divinamente rivelato che quando il Romano Pontefice parla EX CATHEDRA, cioè quando, nell’esercizio del suo ufficio di pastore e maestro di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica, definisce una dottrina riguardante la fede o la morale che deve essere tenuta da tutta la Chiesa, egli possiede, per l’assistenza divina promessagli nel beato Pietro, quell’infallibilità di cui il divino Redentore ha voluto che la sua Chiesa godesse nel definire la dottrina riguardante la fede o la morale.”
La fazione minoritaria (liberale) si oppose fortemente a questa definizione, avvertendo che era incline all’incomprensione, che avrebbe allontanato la gente dalla Chiesa, e che metteva in ombra l’autorità della Chiesa locale. Seri uomini di chiesa, come il vescovo Dupanloup e persino il beato John Henry Newman, misero in dubbio la necessità e i tempi della proclamazione. Il voto fu comunque quasi unanime a favore della proclamazione, poiché coloro che si opposero se ne andarono prima del voto. O’Malley aiuta il lettore a vedere i meccanismi interni e le manovre del Concilio, comprese le frustrazioni di Papa Pio con la fazione liberale. Guardando ad oggi, aiuta a riconoscere che la Chiesa ha sempre contenuto diversi punti di vista sul modo migliore di insegnare e condurre il lavoro pastorale. Anche se a volte le lotte intestine possono diventare un problema, lo Spirito Santo guida la Chiesa nonostante e a volte anche attraverso queste macchinazioni.
Il Concilio Vaticano II continuò i dibattiti del Primo, ma decise in modi che favorirono le posizioni tenute dalla minoranza precedente: sottolineando la sinodalità e l’autorità dei vescovi, esprimendo apertura al mondo moderno e alla democrazia, raccomandando adattamenti alla liturgia e abbracciando la scienza moderna, compreso lo studio storico della Bibbia. Insieme i due concili vaticani danno un approccio equilibrato per impegnarsi nel mondo moderno: preservare la fede e l’autorità della Chiesa mentre si trovano anche nuovi modi per evangelizzare e servire. Ciononostante, il libro di O’Malley fornisce indizi che la Chiesa può ancora trovare la sua strada attraverso le difficoltà del mondo moderno, compreso il lavoro attraverso approcci diversi al rapporto della Chiesa e della modernità.