Davide con la testa di Golia (Caravaggio, Roma)

Davide con la testa di Golia è un dipinto dell’artista barocco italiano Caravaggio. Si trova nella Galleria Borghese, a Roma. Il dipinto, che era nella collezione del cardinale Scipione Borghese nel 1650, è stato datato già nel 1605 e nel 1609-1610, con studiosi più recenti che tendono verso il primo.

Davide con la testa di Golia

Italiano: Davide con testa di Golia

Artista

Caravaggio

Anno

c. 1610

Medio

Olio su tela

Dimensioni

125 cm × 101 cm (49 in × 40 in)

Luogo

Galleria Borghese

Caravaggio ha trattato questo soggetto anche in un lavoro datato c. 1607 al Kunsthistorisches Museum di Vienna, e in una prima opera del 1600 circa al Prado di Madrid.

L’ispirazione immediata per Caravaggio fu un’opera di un seguace di Giorgione, 1510 circa, ma Caravaggio cattura il dramma in modo più efficace avendo la testa che penzola dalla mano di David e gocciola sangue, piuttosto che appoggiata su una sporgenza. La spada nella mano di Davide porta un’iscrizione abbreviata H-AS OS; questa è stata interpretata come un’abbreviazione della frase latina humilitas occidit superbiam (“l’umiltà uccide l’orgoglio”).

Davide è turbato, “la sua espressione che mescola tristezza e compassione”. La decisione di raffigurarlo come pensieroso piuttosto che giubilante crea un insolito legame psicologico tra lui e Golia. Questo legame è ulteriormente complicato dal fatto che Caravaggio ha raffigurato se stesso come Golia, mentre il modello per Davide è il suo Caravaggino. Questo si riferisce più plausibilmente a Cecco del Caravaggio, assistente di studio dell’artista a Roma alcuni anni prima, registrato come il ragazzo “che giaceva con lui”. Non si conoscono ritratti indipendenti di Cecco, rendendo l’identificazione impossibile da verificare, ma “l’intimità sessuale tra Davide/modello e Golia/pittore sembra una conclusione ineluttabile, tuttavia, dato che Caravaggio ha fatto apparire la spada di Davide proiettata verso l’alto, suggestivamente, tra le sue gambe e con un angolo che echeggia il collegamento diagonale dello sguardo del protagonista alla sua vittima.” In alternativa, sulla base del ritratto di Caravaggio fatto da Ottavio Leoni, questo potrebbe essere un doppio autoritratto. Il giovane Caravaggio (il suo piccolo Caravaggio) tiene malinconicamente la testa del Caravaggio adulto. Il comportamento selvaggio e riottoso del giovane Caravaggio aveva essenzialmente distrutto la sua vita da adulto maturo, ed egli riflette con un familiare ermetismo sulla propria condizione in un dipinto di un soggetto religioso correlato.

Il capolavoro a Roma è un “gemello” di una seconda opera d’arte sullo stesso soggetto, Davide e Golia, come riportato nell’inventario della Galleria Borghese datato 1693, dove si trova che uno era situato nella prima sala, e l’altro nella quarta sala. Secondo il suo biografo Bellori, l’opera era stata commissionata a Caravaggio dal cardinale Scipione Borghese nel 1606, opera che è forse eseguita su un doppio cavalletto, generando così due capolavori gemelli.

L’interesse biografico del dipinto aggiunge un altro strato di significato a un’opera già complessa, Davide e Golia che sta per Cristo e Satana e il trionfo del bene sul male nell’iconografia cristiana ortodossa del periodo, e anche come l’amato dal cuore freddo che “uccide” e il suo amante secondo la concezione letteraria contemporanea. Un esempio del genere può essere visto nella contemporanea Giuditta e Oloferne di Cristofano Allori a Palazzo Pitti, dove Allori si raffigura come Oloferne, anche se Caravaggio ha raffigurato Davide non come crudele e indifferente ma come profondamente commosso dalla morte di Golia.

Se il dipinto era un regalo al cardinale Borghese, il funzionario papale con il potere di concedere a Caravaggio la grazia per l’omicidio, può anche essere interpretato come una richiesta personale di pietà. “Davide con la testa di Golia dimostra il dono di Caravaggio di distillare le proprie esperienze in un originale immaginario sacro che trascende il personale per diventare una dichiarazione bruciante della condizione umana”

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